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Carolina Crescentini, aristocratica inglese e regina araba di Palmira

Giuseppe Gariazzo Marzo 7, 2017

Ha 75 anni Suheil Ben Barka e ha contribuito a scrivere, soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, pagine essenziali del cinema del suo paese, il Marocco. A quindici anni di distanza dal suo ultimo film, Les amants de Mogador (2012, girato a Rabat con cast internazionale: Marie-Christine Barrault, Violante Placido, Max von Sydow), Ben Barka torna dietro la macchina da presa per realizzare, tra Piemonte (Torino, Stupinigi, San Raffaele Cimena) e Marocco (gli studi cinematografici di Ouarzazate, città definita senza troppa immaginazione la Hollywood del Sahara), Il sogno del califfo, ambientato all'inizio del XIX secolo per raccontare la storia d'amore appassionato, d'avventura e di spionaggio che vide protagonisti l'aristocratica inglese Lady Esther Stanhope (Carolina Crescentini), convertita alla religione musulmana e futura regina di Palmira (il sito tesoro artistico più volte devastato dall'Isis), e il soldato spagnolo Domingo Badia (Rodolfo Sancho).

Ma chi è Suheil Ben Barka? Pur tra notevoli difficoltà di mercato e nonostante la presenza invasiva della censura, Ben Barka è stato uno degli esponenti di spicco di una nuova generazione di cineasti marocchini che, alla fine degli anni Sessanta, iniziò a fare film più vicini ai problemi della popolazione a differenza della produzione commerciale esistente. Ben Barka aderisce a un cinema inscritto nella militanza politica e nella rappresentazione dei conflitti sociali. Ed esordisce nel 1972 con uno dei film cardine del nuovo cinema marocchino, Les mille et une mains (Le mille e una mano), dove mostra le misere condizioni di vita dei lavoratori in una fabbrica di tappeti pregiati. Il film vinse nel 1973 il Fespaco di Ouagadougou. Con il suo secondo lungometraggio, La guerre du pétrole n'aura pas lieu (La guerra del petrolio non ci sarà, 1975), Ben Barka prende posizione contro l'ingerenza delle compagnie petrolifere internazionali nei paesi del Sud del mondo. L'opera viene censurata e il regista inizia a rivolgersi all'estero per i suoi lavori futuri. Il primo di essi, Noces de sang (Nozze di sangue, 1977), liberamente tratto dall'omonimo testo di Federico Garcia Lorca, con Irene Papas e Laurent Terzieff, rende Ben Barka noto a livello internazionale. Ma è con Amok (1985), co-produzione panafricana che coinvolse diversi paesi del continente, che Ben Barka dà alla storia un'altra pietra miliare. In pieno regime di discriminazione nei confronti dei neri da parte della minoranza bianca, il cineasta marocchino porta in primo piano i crimini dell'apartheid in Sudafrica.

Due film d'ambientazione storica, La battaglia dei tre tamburi di fuoco (1990), con Massimo Ghini (di nuovo con Ben Barka ne Il sogno del califfo), Claudia Cardinale, Ugo Tognazzi, Fernando Rey, Harvey Keitel, e L'ombre du pharaon (L'ombra del faraone, 1996), completano la filmografia di un regista che negli anni Ottanta iniziò a interessarsi di produzione, impegno mai smesso (Il sogno del califfo è prodotto anche dalla sua società).

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