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Les sauteurs, arriva nelle sale il prezioso documentario sui migranti

Giuseppe Gariazzo Marzo 6, 2017

Melilla, l'Europa in terra d'Africa, la piccola enclave spagnola in territorio marocchino. E' uno dei luoghi dove quotidianamente si consuma l'attesa, in condizioni disperate, dei migranti africani che hanno lasciato i loro paesi (Mali, Costa d'Avorio…) per tentare di raggiungere le coste europee o, nel caso specifico, quel pezzo di terra situato ancora in Nord Africa ma già di competenza di una nazione dell'Europa del Sud. E per questo, non solo controllato ma addirittura blindato con uno dei tanti muri costruiti nel mondo con i quali si vorrebbe impedire il transito delle persone. Ma la forza, il desiderio di riuscirci, la volontà di provare e riprovare, quando si viene cacciati indietro, è più forte di qualsiasi ostacolo.

La racconta dall'interno, questa determinazione e frustrazione, il documentario Les sauteurs, produzione danese del 2016 che fu in anteprima italiana al Biografilm Festival di Bologna nel giugno 2016 e da marzo 2017 (data da definire) sarà nelle sale italiane. Il film ha il valore aggiunto di coinvolgere nella realizzazione uno dei migranti, Abou Bakar Sidibé, originario del Mali, regista di Les sauteurs insieme a Mortiz Siebert e Estephan Wagner. Abou Bakar Sidibé filma, e si fa filmare dai compagni, e riflette sul senso del filmare e dell'imparare così facendo. E' l'occhio interno che osserva e racconta se stesso e le altre persone nella stessa condizione.

Sono immagini d'urgenza, spesso grezze, quelle che compongono Les sauteurs, che documentano il continuo stato di paura e incertezza filmato ricorrendo a inquadrature sia oggettive sia soggettive visive e sonore. Si compone un ritratto corale della comunità radunata sul Monte Gurugu: le complicità, le differenze, gli stati di tensione, la ribellione contro chi ha tradito, ma anche i cani alleati degli uomini peché cacciano i demoni notturni, gli asini, i cammini impervi fra rocce e pietre, la nebbia… Poco distante c'è la barriera innalzata dalla Spagna, monitorata dalle video camere di sorveglianza che registrano ogni movimento, come si vede all'inizio e alla fine del film quando i registi inseriscono immagini provenienti da quella fonte. Immagini neutre, glaciali, che contrastano con quelle ricche d'umanità raccolte sul monte. Qualcuno riesce a saltare il muro, a raggiungere il campo d'accoglienza di Melilla. I loro volti sono felici, ma le loro vite rimangono ancora sospese. Nel fuoricampo dove prosegue il loro ostinato cammino per la libertà.

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